mercoledì 2 gennaio 2008

26.03.007

Non è vero che tutte le strade portano a Roma. Tutte le strade sono infinite, contorte.

La cosa certa è che non portano da nessuna parte, portano ovunque.

Si monta e si scende dal percorso accontentandosi di quello.
Con la convinzione che finalmente si è giunti, o con la convinzione che ci tratterremo il tempo che serve per tirare il fiato.
A volte capita che in una stazione ci si fermi davvero e per sempre.
Allora la strada scompare.
Se va bene resterà ad altri il ricordo. Il racconto di brani .

Nel diario minuzioso e trattenuto tanto da sembrare taciuto di Fosco Maraini accompagnato da brani, anch’essi sommessi, della figlia Dacia si scorge il risultato di un intenso andare.

Freddo che taglia, caldo faticoso, in sella, camminando in alto, il mal di testa e le coliche di pancia, nomi di luoghi, di fiori, di specie animali, di uomini. Sguardi insistiti scambiati con donne di bellezza rara e l’ironia trattenuta nel ricordare la presenza di S.E.
Nel diario, appuntato con calligrafia minuta si da conto di aver colto ogni occasione buona per sviluppare le foto appena scattate. Che bisogno c’era di appuntarlo? Ricordare a se stesso e ai posteri che quello che ci capita, ci capita attendendo ad un lavoro? Potrebbe essere così: il tempo dello sguardo non è tempo buttato, è l’istruttoria per il lavoro. Le foto belle non sono una sorpresa. Per chi le ha scattate sono una conferma.

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