lunedì 31 dicembre 2007

Ecco fatto: 31 !

A. Sofri, anche stamani, dalla sua condizione di prigioniero, ci indica, preciso con il dito, dove guardare.

Giuseppe Demasi è morto. Il settimo operaio rimasto "coinvolto" nell'incendio della Thyssen di Torino passa dalla lunga agonia al riposo eterno. E Sofri prende con grazia il nostro mento e ci spinge a guardare tenendoci fermi nella direzione dei fatti. Remoti, presenti e futuri.

La nostra classe operaia e il suo saper usare le mani e la testa, poi con noi anche menarle le mani e non a torto e poi nemmeno a ragione.

Certo che dobbiamo tenere lo sguardo fisso sui padroni, sui loro lacchè, sui loro interessi, sulle priorità: il profitto, sulla marginalità: il modo di conseguirlo.

A me, leggendo Sofri su Repubblica mi son tornati in mente, più che Sgheghe o Procopio - che naturalmente non ho bisogno di ricordare visto che li ricordo bene - gli operai della Fiat di Marina di Pisa che il Professor Adriano Gozzini raccolse da un licenziamento corposo che in parte ristrutturava il sistema di produzione e già che c'era indeboliva la capacità contrattuale degli operi in fabbrica liberandosi dei comunisti.

Uno si aspetterebbe chissa quale reazione, quale tensione, quali conseguenze. Naturalmente non mancarono scioperi, picchettaggi, solidarietà, esempi di partecipazione sentita e commovente, ma alla fine il gommone Gozzini raccolse i naufraghi e li traghettò verso una condizione di vità e una relazione sociale che con quel gesto si inaugurava.

L'aristocrazia operaia entrò a far parte dell' Accademia universitaria. (1965) (data da ferificare).

Tra loro voglio citarne uno che bene li rappresenta tutti, cosa che potrei fare con un altro o un altro ancora : Renzo Ripoli. Sezione del Pci di Putignano, la piccola Russia.

Con il tornio e la fresa sapeva davvero fare "i baffi alle mosche e gli occhi alle pulci" e tenere la macchina in ordine come sua miglie la cucina e parlare di caccia e di pesca, come un innamorato della morosa.

Era , spero che lo sia rimasto, buono e simpatico ma non gradiva le nostre avance, non voleva la rivoluzione, non si fidava delle barbe e delle pipe. Ma incantava con la velocità del suo mandrino e se insistevo mi mandava a quel paese.

Visto: la Classe Operaia era slittata nel limbo e non se ne è saputo più nulla.

domenica 30 dicembre 2007

Fatto 30 faremo 31 ! ?

Qui vorrei non seguire la cronaca, né abbassare la guardia.

Ma la cronaca ci insegue, ci prende, ci logora.

Anche il 2007 ci saluta con l'umiliazione della speranza. Che parola, speranza !
Papa Ratzinger ne fa un' Enciclica - Spe salvi - e apre il primo capitolo con il titolo la fede è speranza.
Benazir Bhutto la indossa nel momento del martirio.
Aveva 54 anni. La sua intensa e veloce vita ci è corsa a finaco ed ha interpretato anche un pò della nostra speranza. Comoda la nostra, esaltante e tremenda la sua.

Per quanto mi riguarda, l'umiliazione della speranza per mano umana, per intenzione, per interesse umani, mi colpì a partire dal 18 ottobre del 1961.
Avevo poco più di quindici anni e quindi avevo la prima età desiderata di questa mia vita. Quindici anni.

Davanti al Bar Rossini, sulla spalletta dell'Arno era bianca e grande la scritta: Assassinato Patrice Lumumba.

Sapevo che era il primo Presidente del Congo eletto. Ora sappiamo che è stato anche l'ultimo Presidente eletto democraticamente. Ma va beh, pazienza ! Avevo visto qualche fotografia sull'Unità. Magro, alto, inforcava gli occhiali, esprimeva speranza e attraeva fiducia. Fucilato. Il corpo sciolto nell'acido.

Ricordo un'altra foto di Patrice Lumumba le mani legate dietro la schiena, seduto sul pianale di una Jeep con lo sguardo rivolto verso l'obbiettivo. Uno sguardo sconsolo che fa pensare non solo alla sua sorte . Ed eccoci di nuovo qui di fronte alle foto di una Signora che corre incontro ai suoi sicari per sedersi ora sulle ragioni di ognuno. Anche Lei ad aspettare.

Buon Anno !

venerdì 28 dicembre 2007

extra

In politica la parola fece strada prendendo da noi le mosse. Gruppi extraparlamentari. Fuori dal parlamento. Non rappresentati, non rappresentabili. Nessuno che se ne facesse carico. Erosione. Potremmo pensare che il germoglio avesse due gemme: la prima veniva dalla lotta partigiana; l'altra dalla critica al socialismo reale. Tra le due una terza anima si manifestava: quella dell'insofferenza generazionale, dell'insubordinazione alla liturgia politica e familiare. Il tutto si condensava nell'attitudine a mostrare l'extra, a sentirsi extra. Extraterritorialità della forma e del pensiero, dei comportamenti e delle scelte. Quindi molto, molto tempo fa. Molto prima della metamorfosi da extraparlamentare ad extracomunitario. Mutazioni ai margini.

Appena appresa la notizia dell'attentato a Togliatti (14 luglio 1948), solo a tre mesi dalla sconfitta elettorale del fronte popolare alla prima votazione della neonata repubblica italiana, i militanti del PCI si precipitarono in prefettura per arrestare il rappresetentante del governo italiano. Si fermarono nell'androne del bel palazzo sui lungarni (?) dove sopraggiunse l'ordine di abbozzarla: il compagno Togliatti ordinava la calma e salvava un sacco di brave famiglie tra cui la mia. Mio padre era tra quelli che guidavano il gruppo che mosse all'arresto del prefetto. L'anima insurrezionalista - mi pare evidente - non poteva non circolare nei nostri pensieri, nelle canzoni, nelle nottate, nelle scritte sui muri. "Sui muri della questura c'era scritto in rosso, la rivolta è ormai vicina / La polizia ha arrestato un paio di pennelli, ma sono scappati anche questa volta un gruppetto di ribelli". E giù risate e sudate.

venerdì 21 dicembre 2007

La sindrome della particella di sodio

Sono appena passate le dieci e ho avuto un colloquio veloce con Italo Calvino che mi ha ricordato dei suoi genitori :



" Mia madre era una donna molto severa, austera, rigida nelle sue idee tanto sulle piccole che sulle grandi cose. Anche mio padre era molto austero e burbero ma la sua severità era più rumorosa, collerica, intermittente. Mio padre come personaggio narrativo viene meglio, sia come vecchio ligure molto radicato nel suo paesaggio, sia come uomo che aveva girato il mondo e che aveva vissuto la rivoluzione messicana al tempo di Pancho Villa. Erano due personalità molto forti e caratterizzate […] L’unico modo per un figlio per non essere schiacciato [...] era opporre un sistema di difese. Il che comporta anche delle perdite: tutto il sapere che potrebbe essere trasmesso dai genitori ai figli viene in parte perduto."



Avevamo un appuntamento anche se quando sono uscito di casa non lo sapevo. Mi aspettava lasciandosi ammirare in un link. Lo sguardo un pò traverso sembra rivolto ad un dirimpettaio sulla destra. Guarda in macchina e con la mano si copre le labbra come per timidezza. Un maglioncino a V e un bel nodo di cravatta.



In casa sua erano tutti per la scienza e lui si iscrisse ad agraria ma non per molto.



Anch'io mi iscrissi ad agraria nell'anno scolastico 65/66. Allora mi parve una prepotenza: in quegli anni chi come me aveva frequentato l'Istituto Tecnico, ed io avevo fraquentato l'Istituto Tecnico Antonio Pacinotti conseguendo il titolo di Geometra, non poteva continuare gli studi se non frequentando la facoltà di Agraria. Per i diplomati Ragionieri invece c'era Economia e Commercio. Bell'esempio di pianificazione delle risorse umane nell'Italia in pieno boom. Gli zii di Calvino erano tutti chimici. Gli zii maschi e le le zie femmine, tutti.



" io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia"



Per arrivare alla facoltà di lettere di Torino Calvino deve scendere dalla montagna della lotta partigiana (1945). Nel mio piccolo, io, per arrivare alla facolta di lingue dell'università di Pisa devo uscire dal carcere Don Bosco (1968). Ma non fui mai la pecora nera della mia famiglia.



Ora mi sono permesso un parallelo di tal fatta perchè approfitto dell'oscurità e di un viaggio in piena solitudine. La sindrome della particella di sodio. Vorrei essere stato un uomo colto ? e chi mi vede se faccio finta di intendermene un pò. Però i paralleli ci sono e qui non centra nulla il fatto di giocare con l'ego. Ci sono. La lotta partigiana contribuì alla liberazione del nostro paese da una serie di vergogne che, insomma, meriterebbero ancora più attenta considerazione. Le lotte studentesche liberalizzarono in quattro e quatrotto l'accesso di tutti a tutte le facoltà. Fu un bene ? Certamente fu un benino. Da quegli anni mi pare derivi una serie serrata di generazioni che si sono mangiate il futuro. Forse non tutto, perchè una percentuale di ottimismo rinfrescante circola ancora. Ma non può essere colpa di quei cortei.

sabato 15 dicembre 2007

Le cose che ci diciamo

Dovremmo farci caso. Tenerci di più alle cose che abbiamo appena detto. La circosranza ha un suo peso, anche la sostanza dovrebbe averlo, ma non è così. Perchè la circostanza cambi è sufficiente che passi un pò di tempo, anche poco. Ma la sostanza di un atto, di un fatto non dovrebbe cambiare. Tuttalpiù cambia il verbo: da passato prossimo a passato remoto.

venerdì 14 dicembre 2007

Pagina Bianca

Ora, a parte tutto, se come si dice: il "battito d'ali di una farfalla a New York può provocare un uragano a Pechino" - Butterfly Effect, 2004 . Potrebbe anche accadere che un pò di parole battute in un blog facciano bene sia a chi le scrive come a qualcuno che si trovi a leggerle. Un giorno o l'altro.


Il fatto di non essere soli, di non sentirsi soli, di non sapersi soli non elimina il tema dell'isolamento. Nè, a questo punto posso vantare diritti, privilegi, considerazione. Guadagnati con l'impegno della vita trascorsa. Eppure, questa è trascorsa. E l'impegno non è mancato.


Mancano i risultati, dira subito qualcuno, pronto a tirare la conclusione. Dipende. Sarei propenso a credere che i risultati ci siano e siano nel mio e in tanti altri casi con cui ho convissuto. Si, non è questione di risultati.


E', piuttosto questione generale. Tra le altre questioni c'è questa: siamo isolati e se ci fate caso l'udito non è più quello di una volta.


Sempre più spesso capita di intraprendere una conversazione, ivi comprendendo anche occasioni intime, e in quattro e quattrotto, ci ritroviamo spersi o prigionieri. Inascoltati e, diciamo pure, inascoltanti. Non ce l'ho con nessuno ma ricordo le serate d'estate, seduti sulle spallette dell'Arno, intenti a raccontare o a farsi raccontare le avventure di vita di chi ne sapeva o ne combinava di più.


Allora è facile ! La pagina bianca la riempe e la riempirà la nostalgia. Amarcord - FedericoFellini , 1973 - Carlo aveva pochi mesi. E' nato il 26 novembre del 1972. Il mio primogenito. Ma in ogni racconto, persino in quelli sulla spalletta o nella biografia di Fellini c'è un pò di nostalgia. Dall'inizio del 1933 alla primavera del 1934 con la settima edizione delle Mille Miglia. Dalla fine del 1965 alla fine del 1972 con il ritorno alla famiglia di un pensiero andato a male.


Allora è chiaro ! La pagina bianca la riempe il pensiero deluso, il combattente battuto. Ricordi di guerra. Macchè, nemmeno di questo si tratta. Non c'è gusto. Non lo ha fatto nessuno. Nesuno ha raccontato i nostri anni. Si, i terroristi hanno fatto il danno e la preghiera. Gli stolti hanno inzuppato la penna per vanità. Ma di noi nessuno. Sprazzi, lampi ed è inevitabile che una generazione inabissata abbia lasciato taccie d'inchiostro. Ma niente di chè.


A dire il vero c'è un libro : Lotta Continua, Uomini Contro di Corrado Sannucci. Ecco, lì c'è di più. Ci sono Enzino e San Benedetto del Tronto con la sua bara in mezzo al mare. Ma c'è un conto politico. Una partita doppia e un saldo negativo che pare spingersi fino a dire : capitolo chiuso. Ed invece se si guarda nell'isolameto si scorge l'andare di qualcosa che non fu mai raccontato.


Lo farò io ? Non lo so. Non so niente. ma la pagina bianca mi aspetta e io ci provo.


Auguri a me.