venerdì 28 dicembre 2007

extra

In politica la parola fece strada prendendo da noi le mosse. Gruppi extraparlamentari. Fuori dal parlamento. Non rappresentati, non rappresentabili. Nessuno che se ne facesse carico. Erosione. Potremmo pensare che il germoglio avesse due gemme: la prima veniva dalla lotta partigiana; l'altra dalla critica al socialismo reale. Tra le due una terza anima si manifestava: quella dell'insofferenza generazionale, dell'insubordinazione alla liturgia politica e familiare. Il tutto si condensava nell'attitudine a mostrare l'extra, a sentirsi extra. Extraterritorialità della forma e del pensiero, dei comportamenti e delle scelte. Quindi molto, molto tempo fa. Molto prima della metamorfosi da extraparlamentare ad extracomunitario. Mutazioni ai margini.

Appena appresa la notizia dell'attentato a Togliatti (14 luglio 1948), solo a tre mesi dalla sconfitta elettorale del fronte popolare alla prima votazione della neonata repubblica italiana, i militanti del PCI si precipitarono in prefettura per arrestare il rappresetentante del governo italiano. Si fermarono nell'androne del bel palazzo sui lungarni (?) dove sopraggiunse l'ordine di abbozzarla: il compagno Togliatti ordinava la calma e salvava un sacco di brave famiglie tra cui la mia. Mio padre era tra quelli che guidavano il gruppo che mosse all'arresto del prefetto. L'anima insurrezionalista - mi pare evidente - non poteva non circolare nei nostri pensieri, nelle canzoni, nelle nottate, nelle scritte sui muri. "Sui muri della questura c'era scritto in rosso, la rivolta è ormai vicina / La polizia ha arrestato un paio di pennelli, ma sono scappati anche questa volta un gruppetto di ribelli". E giù risate e sudate.

Nessun commento: